Un quadro allarmante emerge dall’ultima analisi dell’Ufficio Economia della CGIL nazionale, basata su dati INPS relativi al 2023: in Emilia-Romagna, quasi 500 mila lavoratori e lavoratrici del settore privato, ovvero oltre il 30% del totale, percepiscono un reddito netto inferiore ai 700 euro al mese. Si tratta di una fotografia complessa che rivela una realtà lavorativa sempre più polarizzata e un’incidenza preoccupante del lavoro povero.

L’indagine evidenzia come la maggior parte di questi lavoratori sia impiegata con contratti a tempo determinato e discontinui, oppure con contratti a tempo indeterminato ma in modalità part-time. I dati sono impietosi: quasi il 10% di questi lavoratori guadagna poco più di 6.900 euro lordi all’anno, il 6.6% si attesta su poco più di 11 mila euro, mentre il 13% supera di poco i 10 mila euro lordi annui.
A livello nazionale, lo studio rivela che sono 6,2 milioni (il 35,7%) i dipendenti del settore privato che nel 2023 hanno percepito un salario inferiore ai 15 mila euro lordi annui, guadagnando quindi, nel migliore dei casi, circa mille euro netti al mese. Il quadro regionale in Emilia-Romagna, sebbene i dati specifici per Parma non siano ancora disponibili, appare in linea con questa tendenza nazionale.
L’analisi dell’Ufficio Economia della CGIL scende nel dettaglio delle tipologie contrattuali che contribuiscono a questa preoccupante situazione. In Emilia-Romagna, oltre 155 mila lavoratori e lavoratrici sono impiegati con contratti a termine, part-time e discontinui, percependo uno stipendio medio lordo di appena 6.978 euro all’anno.
Un’altra categoria significativa è quella dei lavoratori a tempo indeterminato ma part-time e discontinui, che conta più di 103 mila addetti e percepisce, in media, uno stipendio lordo annuo di poco più di 11 mila euro. Infine, si contano ben 215 mila lavoratori che rientrano nella categoria dei lavoratori a termine, part-time e discontinui, con uno stipendio annuale lordo di 10 mila e 500 euro.