Presunto stupro – Pesci, la Cassazione conferma la condanna a 7 anni e dieci mesi

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Ci sono due vittime. Una resta vittima, l’altra va in carcere.

Questa la sentenza definitiva, di terzo grado, che mette forse una tombale sulla vicenda di Federico Pesci, l’imprenditore, oggi 52enne, accusato e condannato per lo stupro di una prostituta 21enne. 

La Cassazione ha respinto il ricorso e confermato in terzo grado di giudizio la condanna a 7 anni e 10 mesi per Federico Pesci, in sostanza confermando la sentenza dell’Appello per l’imprenditore 52enne, condannato dal tribunale di Parma nel 2021 e poi dalla Corte d’appello di Bologna per violenza sessuale su una ragazza di 21 anni.

A questo punto per Pesci scatta il carcere. La Cassazione ha rigettato il ricorso ritenendolo inammissibile.

Dovrà presentarsi a Bologna, Modena, Forlì o Ferrara, dove ci sono sezioni riservate ai “sex offender”, riparati dai detenuti comuni.

Ha vinto la morale del perbenismo, del magistrato che non smentisce il collega e andiamo avanti così, della “povera vittima” stuprata e malmenata. E diventa quasi un’offesa alle vittime reali, quelle che le violenze le subiscono in famiglia o per la strada, e non in una serata che salendo sul taxi definiscono: “bellissima”. 

Ci sono due vittime, lei, la ragazza. Vittima di se stessa, di una vita difficile. Di scelte scomode forse non volute o non consapevoli. E lui, condannato più per lo stile di vita sicuramente sopra le righe che per i fatti di quella notte.

A quella notte era susseguito un dolce scambio di messaggi, ma alla Procura non è bastato per cambiare idea. E nemmeno ai gradi di giudizio successivi. 

Secondo l’accusa nella notte tra il 18 ed il 19 luglio del 2018 una giovane prostituta 21enne, contattata da Pesci sui social, che dopo un aperitivo e una pizza ha accettato l’invito a casa, sarebbe stata violentata e seviziata per tutta la notte da Pesci e dal pusher nigeriano Wilson Ndu Aniyem, condannato con patteggiamento a poco più di 5 anni. Nel mezzo, alcool e cocaina.
Vicenda su cui si è già detto e scritto tanto, troppo, che non ha senso raccontare di nuovo. Resta una vicenda dolorosa, tremenda. COn le due vittime, appunto. Una libera di continuare a vivere come può, l’altra in carcere, con i suoi fantasmi, con le sue verità troppo ingombranti per essere ascoltate.