Bimbi trovati morti a Vignale. La Procura: “Libertà di stampa ma anche rispetto per le indagini”

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Il Procuratore Capo di Parma Alfonso d’Avino parla per la prima volta del caso del ritrovamento dei due corpicini senza vita all’interno della villetta bifamiliare a Vignale di Traversetolo. Lo fa attraverso la firma di un comunicato stampa ufficiale.

“Su questa vicenda, il Procuratore di Parma -applicando il contenuto della propria Direttiva n. 20/2021 del 9.12.2021, a sua volta fondata sulle disposizioni del Decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 188 in tema di presunzione di innocenza – ha mantenuto finora il più stretto riserbo.

Quanto alla stampa, questo riserbo ha suscitato non poche perplessità e recriminazioni da parte di alcuni organi di informazione soprattutto perché, parallelamente, ben altro rilievo mediatico veniva dato a vicende delittuose di analoga gravità, avvenute in altre parti del territorio nazionale.

Quanto al cittadino, il diritto ad essere informati è stato recentemente espresso, ai massimi livelli locali, dal Sindaco di Traversetolo, centro della provincia di Parma purtroppo finito sotto la lente d’ingrandimento dell’attenzione mediatica.

Pur consapevole della aspettativa della popolazione (non solo quella locale) ad essere informata su ciò che è avvenuto, la Procura di Parma – in linea con le disposizioni normative innanzi indicate – ha scelto la linea della massima riservatezza, fondata su due pilastri: la necessità di preservare il segreto  di indagine e la necessità di garantire la presunzione di innocenza.

Quanto al primo pilastro, ovvero il segreto di indagine, mai come in questa vicenda, a partire da quel 9 agosto, gli organi inquirenti (ovvero: Procura della Repubblica; Nucleo Investigativo del Comando Provinciale dei Carabinieri; R.I.S.-CC Parma) sono stati (e lo sono tuttora) impegnati quotidianamente e senza alcuna sosta in attività investigative, tanto che molti provvedimenti giudiziari (deleghe; decreti di ispezione; decreti di sequestro) sono stati adottati dai Magistrati titolari dell’inchiesta (il Procuratore della Repubblica e la collega Sostituto Procuratore) con firma digitale a distanza, in quanto in congedo ordinario, e ciò per evitare il rischio di stasi investigative e garantire invece continuità assoluta agli accertamenti, eseguiti a loro volta, senza alcuna sosta e con grandissimo spirito di servizio e di sacrificio, dagli organi di Polizia giudiziaria citata.

Ciò ha comportato la necessità di effettuare anche plurimi accessi nei luoghi, teatro del triste evento, di sentire persone a vario titolo interessate alla vicenda, di effettuare complesse ed articolate attività, anche di carattere tecnico-scientifico, talvolta con modalità del tutto innovative. Orbene, tutto ciò è parso, sin dall’inizio, incompatibile con una parallela propagazione di notizie che, se da un lato avrebbe soddisfatto quella aspettativa a conoscere da parte dell’opinione pubblica, dall’altro avrebbe determinato la creazione di quel circuito mediatico dal quale poi riesce difficile uscire, perché si tratta
di un circuito che, una volta innescato, finisce per autoalimentarsi da sé e che richiede sempre nuovi e quotidiani aggiornamenti.

Ecco perché si è preferito, sin dall’inizio, mantenere quel che in gergo viene definito un profilo basso, ciò che ha consentito agli organi inquirenti di lavorare alacremente con quella tranquillità e serenità che solo il silenzio mediatico avrebbe potuto garantire (ed in effetti ha sin qui garantito).

Quanto al secondo pilastro, ovvero la presunzione di innocenza, esso ha costituito la parallela preoccupazione della Procura di Parma, in quanto strettamente connessa -mai come in questo caso giudiziario- al segreto di indagine.

Se, in una vicenda obiettivamente grave (quale l’accertato decesso di un neonato), la Procura avesse scelto la linea della comunicazione libera e costante, sui protagonisti della stessa sarebbe stato acceso un faro così potente da innescare quel che gli esperti di comunicazione definiscono circo mediatico, che è l’esatto contrario di quella presunzione di innocenza che si è voluto garantire; il processo mediatico che si sarebbe aperto avrebbe avuto, sulle persone coinvolte, effetti ben più devastanti del processo giudiziario (sul punto si richiama il fondamentale saggio del prof. Vittorio Manes “Giustizia mediatica” e l’interessante convegno organizzato dall’Università di Parma nel marzo 2023).

Ed invece, proprio in linea con le disposizioni normative richiamate in premessa, si è voluto garantire a tutti coloro che, a vario titolo, sono coinvolti nel caso, quella tranquillità necessaria ad affrontare i vari step che un’indagine così delicata ha richiesto, e continua a richiedere, evitando di esporre costoro all’assedio di taccuini, telecamere, microfoni, come purtroppo avviene in casi del genere. L’esperienza quotidiana, infatti, ci racconta di veri e propri processi paralleli che vengono celebrati, soprattutto in TV, con il rischio concreto di creare sovrapposizioni ed interferenze tra il processo mediatico ed il processo giudiziario. Ecco: tutto questo si è voluto evitare ai protagonisti della vicenda di Traversetolo, per garantire in
maniera genuina e completa le fonti di prova, e contestualmente tutelare il diritto della parte-indagata”.