Via Burla – 53enne italiano in isolamento morto suicida. Si è impiccato con l’elastico delle mutande

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Un detenuto italiano di 53 anni si è tolto la vita nel carcere di Parma poco prima delle 17:30 di martedì, impiccandosi con l’elastico delle mutande. La notizia è stata diffusa dal Garante dei detenuti dell’Emilia-Romagna, Roberto Cavalieri, che sottolinea la preoccupante similitudine con un altro suicidio avvenuto lo scorso anno nella stessa struttura e in modalità analoghe.

L’uomo, detenuto ad alta sicurezza per reati associativi, si trovava in isolamento nella cella 4 dal 2 maggio per motivi sanitari. Stando a quanto riferito da Cavalieri, il detenuto aveva un fine pena previsto per il 2034 e aveva già avuto un episodio di autolesionismo a metà giugno, quando aveva ingerito delle pile. Nonostante ciò, era sottoposto a sorveglianza passiva e non era stato classificato con un rischio suicidario. La Procura ha autorizzato il rilascio della salma ai familiari, senza disporre l’autopsia.

Questo tragico evento rappresenta il settimo suicidio in carcere in Emilia-Romagna dall’inizio dell’anno. Precedentemente, si erano registrati 4 casi a Modena, uno a Bologna e uno a Reggio Emilia.

Roberto Cavalieri ha espresso forte preoccupazione riguardo alla gestione dei detenuti in isolamento, puntando il dito contro le sezioni Iride del carcere di Parma, dove sono avvenuti gli ultimi due suicidi. “Quest’ultimo suicidio non lo collego al sovraffollamento, al caldo, all’estate, non è questo il tema,” ha dichiarato Cavalieri. “Per queste persone che stanno molto tempo in isolamento in queste sezioni si alza il rischio di suicidio. È una cosa che sta nei numeri e nelle statistiche: c’è una gestione errata dei detenuti negli isolamenti. Tre mesi di isolamento sono una cosa che va oltre il senso della dignità delle persone.”

Il Garante ha evidenziato come l’isolamento prolungato, sebbene offra il “vantaggio di stare soli in cella,” logori la psiche e non giovi mai al benessere psicologico dei detenuti. La modalità del suicidio, identica a quella di un cittadino tunisino suicidatosi lo scorso Ferragosto sempre in isolamento nella cella 3, rafforza l’allarme sulla necessità di una riflessione approfondita sulle procedure e sulle condizioni delle sezioni di isolamento all’interno degli istituti penitenziari.

La vicenda solleva interrogativi urgenti sulla tutela della salute mentale dei detenuti e sulla necessità di rivedere le politiche di isolamento, soprattutto in presenza di vulnerabilità psicologiche.