
Il drammatico fenomeno del suicidio in carcere, riconosciuto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come una delle principali cause di morte tra le persone detenute, è al centro di un ambizioso progetto in Emilia-Romagna. La Regione, in stretta collaborazione con l’Amministrazione Penitenziaria di Emilia-Romagna e Marche, ha dato vita al “Piano regionale per la prevenzione del rischio suicidario nel sistema penitenziario per adulti – Linee di indirizzo 2025″. Frutto di due anni di lavoro, questo documento aggiorna le precedenti linee guida del 2018 con l’obiettivo di migliorare l’efficacia delle misure preventive e offrire uno strumento di lavoro concreto ai professionisti coinvolti. Tutte le strutture penitenziarie della regione e le Aziende USL saranno tenute a dotarsi di un Piano locale che funga da declinazione operativa del Piano regionale e dell’Accordo nazionale, in linea con le direttive dell’OMS.
“La prevenzione del suicidio in carcere non è solo una questione sanitaria, ma un dovere politico, etico e civile,” sottolinea Massimo Fabi, assessore regionale alle Politiche per la Salute. L’obiettivo è costruire un nuovo modello che mette al centro la persona, valorizza il lavoro di squadra e promuove un carcere più umano, dove nessuno sia lasciato solo nel proprio dolore. Silvio Di Gregorio, provveditore dell’Amministrazione penitenziaria dell’Emilia-Romagna e Marche, aggiunge che il documento racchiude una strategia di intervento congiunta, dove tutte le amministrazioni e le persone coinvolte si prendono cura in modo sinergico e complementare della persona detenuta e dei suoi bisogni.
Il Piano interviene sull’intero contesto detentivo, promuovendo la creazione di una rete di attenzione estesa e capillareche coinvolge tutte le figure presenti in carcere: personale sanitario, agenti di polizia penitenziaria, educatori, volontari, compagni di detenzione e familiari. L’obiettivo primario è intercettare precocemente i segnali di disagio, fin dall’ingresso, anche nei “casi silenti” – quei detenuti che non manifestano apertamente sofferenza ma che sono comunque a rischio.
Ogni istituto penitenziario dovrà predisporre un Piano locale di prevenzione (PLP), redatto congiuntamente dalla direzione dell’istituto e dall’Azienda USL competente. Il PLP includerà protocolli operativi, strumenti di valutazione, modalità di segnalazione e presa in carico, oltre a momenti di formazione congiunta per tutti gli operatori.
Un elemento centrale del nuovo modello è l’Unità Locale Prevenzione Suicidi (ULPS). Questo organo collegiale multidisciplinare, che dovrà essere costituito in ogni istituto penitenziario, si riunirà settimanalmente ed è composto da un referente dell’Amministrazione penitenziaria e dell’AUSL competente. L’ULPS potrà coinvolgere nella gestione del caso anche servizi sociali, mediatori, volontari e ministri di culto, con il compito di analizzare congiuntamente le situazioni a rischio e definire i piani individuali di intervento.
Viene data particolare importanza alla sinergia tra operatori penitenziari e sanitari e alla stretta collaborazione con i servizi sociali e sanitari territoriali, la Magistratura, i Garanti, gli Ordini degli avvocati, il volontariato e i familiari dei detenuti. L’obiettivo è estendere a tutta la popolazione detenuta le iniziative di prevenzione, articolandole sull’intero arco della detenzione e non solo nella fase di accoglienza.
Il Piano introduce anche un sistema di grading del rischio suicidario (lieve, medio, alto), basato su criteri clinici e comportamentali. A ciascun livello corrispondono azioni specifiche: dalla semplice osservazione alla presa in carico intensiva, fino al ricovero ospedaliero nei casi più gravi. Una particolare attenzione è riservata ai detenuti appena entrati in carcere, considerati tra i soggetti più vulnerabili. La valutazione del rischio sarà predisposta sia all’ingresso che ogni volta che, in relazione a mutamenti delle condizioni personali o detentive, vengano rilevati segnali di disagio. In caso di rischio suicidario alto o di scompenso psicopatologico grave, il detenuto sarà inviato con urgenza presso un luogo esterno di cura.
La formazione assume un ruolo cruciale. A livello locale, le Aziende USL e le Direzioni degli Istituti penitenziari organizzeranno percorsi congiunti per favorire l’efficienza e l’efficacia organizzativa nella prevenzione dei suicidi e migliorare l’integrazione degli interventi e delle procedure. È previsto anche un sistema di monitoraggio e audit per valutare l’efficacia degli interventi.
Infine, riconoscendo il peso che un suicidio ha sull’ambiente carcerario, i Piani locali dovranno prevedere azioni di supporto psicologico per il personale e per gli altri detenuti coinvolti, al fine di elaborare l’evento traumatico e prevenire ulteriori crisi.
Con queste nuove linee di indirizzo, l’Emilia-Romagna si propone di fare un “salto di qualità” nella tutela della salute dei detenuti e nella prevenzione del rischio suicidario, promuovendo un modello di cura e supporto che mette al centro la dignità di ogni persona.