E., un bambino parmigiano di 18 mesi, ha finalmente passato il confine iraniano con la sua mamma ed è al sicuro.
Dopo pochi giorni dal suo arrivo in Iran per conoscere i nonni è scoppiato il terribile conflitto che tutti conosciamo. E uscire dal paese è diventato complicato.
In queste ore il Ministro degli Esteri, l’Ambasciata di Teheran e l’Unità di Crisi hanno fatto un importante lavoro organizzativo e diplomatico per farli tornare via terra verso un territorio sicuro. Un lungo viaggio fino al confine con l’Azerbaigian, arriveranno a Baku e si imbarcheranno su un aereo verso l’Italia.
Siamo stati sempre in contatto con loro, che ci hanno puntualmente aggiornati sugli sviluppi. Li ringrazio per la professionalità e la rapidità con cui hanno risolto questa situazione.
Ho aspettato a fare pubbliche dichiarazioni, nonostante le tante domande di media e cittadini, perché ogni operazione di uscita da un paese in cui è in corso un conflitto bellico ha una delicatezza straordinaria che non ha bisogno di clamori mediatici ed eccessiva comunicazione.
Al piccolo, alla sua mamma e al suo papà, nostri concittadini, auguro un’estate finalmente serena.
Ieri, parlando al telefono col papà, mi sono reso conto una volta di più quanto queste guerre siano in realtà così vicine anche a noi.
Li aspetto in Municipio per un saluto e un abbraccio.
“Ce l’abbiamo fatta. Ma non di gioia, era un misto di stanchezza e anche dolore». Sono le prime parole che la compagna di Salvatore Politi, architetta iraniana di 36 anni, gli ha rivolto quando si sono ricongiunti in Azerbaigian. Con lei anche il loro bimbo, di appena 18 mesi. «Sono stanchissimi, il piccolo si sta addormentando qui in braccio. Lei è molto provata», dice Salvatore raggiunto telefonicamente dall’ANSA. Ora sono a Baku e domani mattina hanno il volo per l’Italia. «Sentivano le bombe a Teheran. Non abbiamo mai pensato non fosse sicuro partire, c’erano colloqui di pace. Lei ha lasciato, sfollata, tutta la sua famiglia».